La guerra della carne: allarme da Coldiretti Vercelli-Biella

Allevatori critici nei confronti dell'accordo Ceta che penalizza soprattutto il Piemonte.

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La guerra della carne: allarme da Coldiretti Vercelli-Biella. Allevatori critici nei confronti dell'accordo Ceta che penalizza soprattutto il Piemonte.

La guerra della carne: allarme da Coldiretti Vercelli-Biella

Manco a farlo apposta, mentre si apprende della carne "taroccata" col bisolfito, arriva anche un allarme sulle importazioni dal Canadà che penalizzerebbero il Piemonte più delle altre regioni.

Il trattato di libero scambio tra Canada e Ue dà il semaforo verde all'importazione della carne di vitelli nutriti con sangue e altri scarti animali. Una pratica che in Europa è da vent'anni che non si pratica più dopo i casi della "Mucca pazza", una malattia cerebrale che si era generata perché si erano dati da mangiare a degli erbivori mangimi con proteine animali. Ora, come si specifica più sotto, i materiali organici nell'alimentazione dei vitelli canadesi vengono prima trattati ad alta temperatura, probabilmente proprio per uccidere vibrioni, virus e batteri vari. Si tratta pur sempre di una perdita di qualità rispetto alle carni bovine fresche, da animali nutriti con vegetali. Coldiretti Vercelli-Biella prende posizione, solidale con la protesta degli agricoltori francesi, al quale si oppongono tutte le organizzazioni agricole d’Oltralpe dopo la ratifica del loro Parlamento.

Le preoccupazioni di Coldiretti

A preoccupare sono anche le conseguenze sulle importazioni di carne canadese visto che nel Paese nord americano per l’alimentazione degli animali è consentito l'uso di derivati di sangue, peli e grassi trattati ad alte temperature, senza indicazione in etichetta, un sistema che in Europa è vietato da oltre venti anni.

Il Piemonte detiene il primato italiano nella valorizzazione delle carni da razze storiche italiane e la zootecnia riveste un ruolo di grande importanza per il tessuto economico regionale. La Piemontese, con oltre 315 mila capi ed un fatturato che arriva a 500 milioni di Euro, rappresenta la principale razza da carne, oltre ad essere la prima razza autoctona a livello nazionale per numero di capi allevati, raggiungendo il 50% del patrimonio delle razze autoctone italiane da carne.

Nelle province di Vercelli e Biella sono più di 5 mila i capi di razza Piemontese allevati, e sono diffuse anche altre razze.

Un accordo che ci penalizza

"In questa maniera gli accordi di libero scambio non aiutano la nostra economia regionale e locale, e pregiudicano l’internazionalizzazione dei prodotti agroalimentari piemontesi, rischiando di riflettersi anche sulle aziende della nostra zona – commenta Paolo Dellarole, presidente di Coldiretti Vercelli - Biella – Non viene salvaguardato il cosiddetto principio di tutela, la facoltà dei singoli Stati di poter fare i controlli non solo nei Paesi dove la merce arriva, ma anche dove viene prodotta. Le intese di libero scambio devono essere basate su tre principi: parità di condizioni, efficacia dei controlli, reciprocità delle norme sugli impatti ambientali, economici e sociali e questo vale ancora di più per le verifiche igienico sanitarie e la sicurezza alimentare.
L’unica arma nelle nostre mani in questo momento è il rapporto con i consumatori, che vanno adeguatamente informati. Invitiamo, quindi, i consumatori a prestare attenzione nella fase di acquisto e invitiamo i macellai e la grande distribuzione del territorio a valorizzare le nostre produzioni, prediligendo la carne etichettata secondo i disciplinari previsti dai consorzi piemontesi, quali Coalvi, Asprocarne, Compral e Co&Co: questo consente di avere una garanzia sulla qualità, salubrità e provenienza del prodotto. Scegliere di acquistare direttamente nelle aziende o nei mercati Campagna Amica, infine, vuol dire avere la certezza di portare in tavola prodotti freschi, genuini e tracciabili. Parallelamente continueremo a pretendere a livello comunitario che i prodotti importati, allevati o coltivati nel resto del mondo, abbiano lo stesso sistema di valutazione e le stesse regole imposte alle nostre imprese”, conclude Dellarole.

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