Tony Wetfloor espone al Salone del Mobile di Milano

Il viaggio di Tony Wetfloor (il vercellese Lello Ardizzone) continua nel mondo e nell’arte per approdare alla realtà quotidiana e, quindi, al Design, abbracciando e omaggiando pezzi classici ed iconici del design di fine Novecento e dei primi anni Duemila.

Tony Wetfloor espone al Salone del Mobile di Milano
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Il viaggio di Tony Wetfloor (il vercellese Lello Ardizzone) continua nel mondo e nell’arte per approdare alla realtà quotidiana e, quindi, al Design, abbracciando e omaggiando pezzi classici ed iconici del design di fine Novecento e dei primi anni Duemila.

Il viaggio di Tony Wetfloor (il vercellese Lello Ardizzone) continua nel mondo e nell’arte per approdare alla realtà quotidiana e, quindi, al Design, abbracciando e omaggiando pezzi classici ed iconici del design di fine Novecento e dei primi anni Duemila.

Ardizzone ha inventato una tecnica pittorica che nasce su un i-pad, attraverso diversi passaggi digitali, senza grossi software e utilizzando tutto il potere espressivo delle dita e del tocco che lo strumento consente ed in un paio d'anni è diventato una "caso" artistico internazionale. Curatrice della prossima come delle precedenti esposizioni la critica d'arte, anche lei vercellese, Serena Mormino che è anche curatrice del Museo del Parco  - Centro Internazionale di Scultura all'Aperto - Portofino.

La mostra si terrà fuori Salone del Mobile di Milano dal 13 al 18 Aprile 2016 a Milano, in piazza Principessa Clotilde n. 4.
Inaugurazione Mercoledì 13 Aprile 2016 h 18.30. in collaborazione con Associazione Culturale AMARTE di Vercelli.
L'artista esporrà sia quadri realizzati con la sua tecnica che mobili, riproponendo a modo suo opere di grandi maestri però "a loro insaputa", come sottolinea la locandina. Arte contemporanea con tanta ironia, visto che il cognome d'arte "Wetfloor" venne deciso in un aereoporto, leggendo il cartello dell'impresa di pulizie che avvertivba che il pavimento di un bagno era bagnato...

Ecco un estratto della nota critica di Serena Mormino.

«Le sue opere, seppur molto eterogenee, sono immediatamente riconoscibili per la forza e la cultura che sprigionano.Mandala tibetani della cultura Veda quasi tatuati sulla tela, piccole figure mitologiche e di guerrieri annegate negli intrecci di colore che rimandano immediatamente alla street art e ad una cultura diametralmente opposta. Tele raramente povere di cromaticità, se non qualche pregiato bianco e nero o blu marini sfumati e ricchi di luce. Più spesso i colori si mescolano. Tele disseminate di pois colorati, interrotti da altri più grandi neri, come se per un attimo fosse mancata corrente o connessione al suo Ipad. Mosaici posati tessera per tessera sul tablet, con grande precisione tecnica e la sapienza della simbologia antica e più contemporanea. Tappeti persiani del XXI secolo, tessuti e annodati a mano su Ipad; ogni singolo dettaglio, non esiste “copia e incolla”. Perché nulla è “banalmente” ripreso e copiato dalla storia dell’Arte. Ogni file prima di diventare tela, è frutto di rielaborazioni grafiche e mentali, culture che si mescolano con sapienza ed esperienza vissuta in prima persona. Ma anche di emozioni del momento».

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