SATIRA: Intervista all'autentica blue whale

Riproponiamo un'intervista della serie Noi Aspettiamo Fuori di Gianluca Mercadante, con illustrazione di Matteo Bertone.

SATIRA: Intervista all'autentica blue whale
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Riproponiamo un'intervista della serie Noi Aspettiamo Fuori di Gianluca Mercadante, con illustrazione di Matteo Bertone.

I consigli di una balena blu: «Più sesso e meno internet, così vivrete felici e contenti»

Allarme balena blu. Esaurite le scorte di mozzarella blu, digerite le innumerevoli - quanto spesso inconsapevoli - grigliate a base di mucca pazza, ecco che una nuova minaccia dal web incombe sulla società, serpeggiando addirittura nelle geometriche risaie vercellesi, così apparentemente lontane dagli orrori che la cronaca ci sbatte contro. Ma che ci fanno le balene nel web? Non dovrebbero starsene nel mare? Se tanto ci da tanto, a questo punto potremmo trovarne in mezzo alle risaie. In mancanza di rane nostrane, ben vengano a spiaggiarsi le balene.
Rigorosamente blu.

Buongiorno.
«’Ggiorno. Cioè, se fa ppe’ ddì».

Scusi la domanda diretta, ma… ecco, cosa ci fa qui?
«E ’n se vede? Sto spiaggiata sto, abbello».

In mezzo alle risaie?
«Ennò? Pure li pescetti ci avete calato dentro alle risaie vostra, e ’nfatti se so’ magnati tarmente tante ova de zanzare che so’ diventati ’na mandria de totani. Mo’ a vedecce ’na balena ve fa strano?»

Erano pesci d’acqua dolce, però.
«Macchennesai te dell’acqua dorce, chennesai!... Te la sei bevuta, te, l’acqua de mare? Ppe’ caso ce campi co’ l’acqua de mare, te? None! E allora statte zitto, statte, che tra i diserbanti che c’avete negli stagnetti ’ndo ce fate er riso vostro, e i rifiuti radioattivi che c’avemo noi, tutta ’sta differenza ’n ce la vedo».

In effetti la trovo un tantinello blu…
«Ha’ visto mai che so’ ’a balena de’ li Puffi».

Non è che si trova da queste parti per via dei recenti fatti di cronaca legati alla “Blue Whale”?
«’A che?!!»

La “Blue Whale”. È un gioco di morte che gira sui social, le vittime sono ragazzi e ragazze in età adolescente.
«E che fanno, ’sti poracci? Se tingono de blu e se mettono a respira’ dall’ombelico spaparanzati ne’ ’e risaie? Capirai».

Non propriamente. Si autoinfliggono ferite, guardano film horror, ascoltano musica deprimente, e dopo cinquanta giorni si buttano giù da un palazzo.
«Davero?»

Davvero.
«’N ce se crede».

La pagina Facebook “Blue Whale Challenge” conta migliaia di iscritti. Controlli, se vuole.
«No, no, ce mancherebbe, me fido».

L’ha detto lei che non ci si crede.
«Nun ce se crede che questi s’ammazzano dopo cinquanta giorni. Io a fa’ ’na vita così me suiciderei molto prima, a cinquanta giorni nun ce vojo proprio arivà».

Quindi il messaggio che lei lancerebbe agli adolescenti che cadono vittime di questi giochi è di farla finita prima?
«No, er consijo che je darei ai giovani è ’n artro».

Ovvero?
«’E mamme ce leggono?»

Credo di sì.
«E allora evito, abbello, che io so’ signora co’ ’e signore».

Nessuno la obbliga, ma se dalla sua esperienza può emergere un suggerimento utile a salvare delle vite, due paroline fossi in lei le direi.
«Ma quali due paroline? Io una ce n’ho».

E quale?
«’A faccio pulita: accoppiateve».

Tutto qui?
«Tutto qui?! Ma stai de fori? Secondo te un giovane che passa ’na giornata attaccato a quer coso, invece de fa’ l’omo, che c’ha da dì?»

Non saprei.
«T’o dico io che c’ha da dì: gniente, c’ha da dì. Gniente. Ecco perché poi passa er primo fijo de ’na mignotta, je dice quattro fregnacce e questo prenne armi e bagagli e se fa ’n volo da’ ’r trentesimo piano. Ai giovani bisogna daje contenuti. Bisogna che fanno ai cellulari quello che je faccio io, abbello».

E cosa ci fa, lei, ai cellulari?
«Me li magno! Ce lo sai, te, quanti ne buttano a mare?»

Non lo immagino.
«E fai bene fai. Quello devono da fa’: buttare i cellulari dar trentesimo piano, annà a scola a rieducasse ppe’ benino, e appena ’mbroccano due congiuntivi de fila, oltre a fasse ’na corsetta in chiesa pe’ accenne ’n cero alla Madonna, poi sì che lo possono usare, er cellulare. Così armeno ’o capiscono quanno certi morti de fame li stanno a percula’».

Quindi istruzione e sesso come soluzione, come possibili vie d’uscita dall’apatia giovanile?
«Abbello, quanno se dice “connessione” che vvor dì? Che due persone entrano in contatto, no? E più contatto de corteggia’ ’na donna, co’ lo sguardo, coi gesti, co’ i fiori veri, no co’ li messaggini de ’sta cippa, più contatto de quello che c’è? E ppe’ corteggia’ ’na pischella ’o devi da sapé come se parla, sinnò ’n t’a molla».

E lei, con questo anacronistico accento romano, lo sa come si parla?
«’N ce fa’ caso. ’E balene so’ burine».

E, scusi, cosa resta dunque di tutto il romanticismo del vostro morire spiaggiate, immagine tetra e meravigliosa, che ha in parte ispirato il pensiero che sta dietro la “Blue Whale”?
«Ma romantico de che? Se chiama smaltimento, se chiama. Anvedi. Voi omini de l’animali ’n ce capite proprio ’n’acca».

Grazie e arrivederci.
«Se vedemio, abbello».

Gianluca Mercadante

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