Ricordo di Giorgio Sambonet nel giorno del suo compleanno

E' morto a 91 anni nell'ottobre 2015, oggi, 26 aprile, è l'anniversario della nascita, era della "classe d'acciaio" del 1924, ha onorato Vercelli in tutto il mondo.

Ricordo di Giorgio Sambonet nel giorno del suo compleanno
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E' morto a 91 anni nell'ottobre 2015, oggi, 26 aprile, è l'anniversario della nascita, era della "classe d'acciaio" del 1924, ha onorato Vercelli in tutto il mondo.

Giorgio Sambonet moriva a 91 anni alle prime ore del 4 ottobre 2015, era nato a Vercelli il 26 aprile 1924 e dunque oggi avrebbe compiuto 92 anni. Giorgio, quando poteva, faceva sempre coincidere le sue mostre con il giorno del compleanno e dunque ci sembra giusto ricordarlo in questo giorno riproponendo la cronaca della sua ultima uscita pubblica, avvenuta nel maggio 2015 al Museo del Tesoro del Duomo. Sofferente, privato della parola, non aveva però voluto mancare alla cerimonia di inaugurazione dell'esposizione permanente dei suoi bronzi nel contesto del percorso museale curato da Elisabetta Dellavalle “Il cammino di un uomo”. Nonostante la sofferenza, però, la gioia che si leggeva nei suoi occhi e l'energia che dava con gli abbracci e le strette di mano, avevano toccato il cuore di tutti. Giorgio aveva portato l'azienda di famiglia a essere leader del mercato della posateria e delle attrezzature per le grandi catene di alberghi, come artista inizia a muoversi negli anni Sessanta, si afferma come poeta vincendo il famoso premio “Lerici Pea” , ma è stato anche pioniere della fotografia subacquea, il mare, le immersioni, le barche, erano il suo rifugio preferito. Come fotografo resta indimenticabile il volume “Terra d'acqua”, reportage della vita di risaia. In seguito si affermò anche come pittore e artista visivo a tutto campo. E' rimasto artisticamente produttivo fino al febbraio del 2015. Certamente rimane nella storia come uno dei vercellesi più illustri del XX secolo, protagonista di una stagione cittadina di espansione industriale e fermento culturale che è purtroppo ben lontana.

Ecco il testo dell'articolo del maggio 2015, sull'ultima uscita di Sambonet.

La trasfigurazione dell’umano nello spirituale. Non poteva esservi una simbologia più perfetta per l’ultimo tassello permanente de «Il Cammino di un uomo». Venerdì scorso il Museo del Tesoro del Duomo ha infatti inaugurato l’installazione dei bronzi a cera persa di Giorgio Sambonet. La serie «Ehonceo» che è l’acronimo di un passo del Vangelo di Giovanni (19,36), che, riferendosi a Gesù crocifisso ricorda la profezia «Nessun osso di lui sarà spezzato».

Le sette formelle sono state poste in senso verticale, al centro “l’aquila” che simboleggia la forza della resurrezione ma ricorda anche il Golgota. Sono opere che Sambonet realizzò negli anni Ottanta, ha spiegato la figlia Marina, ispirandosi a motivi geometrici della cultura maya, detti anche «Bronzi archimaya». E’ stata la successiva rielaborazione, curata da Elisabetta Dellavalle nel 2007 per il percorso «Il cammino di un uomo» a definirne più compiutamente il senso, cogliendo però l’evoluzione, anzi la trasfigurazione dell’arte di Sambonet. Il grande artista, oggi 91enne, era presente alla cerimonia. «E’ un uomo di cui non solo Vercelli ma l’Italia intera deve andare fiera» ha detto il prefetto Salvatore Malfi.

Elisabetta Dellavalle, all’esordio anche come neo-assessore alla Cultura, ha ricordato la genesi del percorso, nato grazie alla Fondazione Crv, con la donazione in permanente ai tre musei di opere di Sambonet, ricordando anche chi non c’è più e in particolare Amedeo Corio che a quel progetto collaborò. «Il cammino di Giorgio non finisce, comincia ora» ha detto, Magistrale l’allestimento pensato e messo in atto da Timoty Leonardi e dal suo staff coordinato da Anna Cerutti. Le formelle sono in una sala riaperta per l’occasione, con affreschi cinquecenteschi appena restaurati, e la modernità delle forme di Giorgio è valorizzata da un’accorta illuminazione. L’artista si è commosso nel vedere la collocazione delle sue opere, ora permanentemente fruibili dai cittadini della sua «Itaca», come ha sempre definito Vercelli, terra amata dove tornare dopo i suoi viaggi da Ulisse del XX secolo. E che a lui sarà sempre legata.

 

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